26 luglio 2010

GIULIA ACHILLI: INTERVISTA ESCLUSIVA

Giulia Achilli e Raja Krishna Menon

Giulia Achilli ha collaborato alla produzione di Barah Aana, il delizioso film del 2009 diretto da Raja Krishna Menon e interpretato da Naseeruddin Shah, Vijay Raaz e da Violante Placido. Giulia ha gentilmente acconsentito a concedere un'intervista al nostro blog.

1 - Lei è una giovanissima produttrice indipendente. Come è entrata nell'ambiente del cinema indiano? In quanto straniera e in quanto donna, quali difficoltà ha incontrato?
Dopo alcune esperienze in Italia, fra cui il film Onde del regista fiorentino Francesco Fei, decisi di investire del tempo nell'esplorazione di un mercato cinematografico di cui nel nostro Paese si parla spesso ma di cui si conosce poco. Così partii alla volta di Bombay, con l'intenzione di restarvi quanto necessario per toccare con mano quella realtà. Dopo un paio di mesi, incontrai Raja Krishna Menon, un giovane regista indipendente. Raja mi presentò diversi soggetti in cantiere, fra cui Barah Aana, che per gusto, idea di trattamento e in un certo senso vicinanza culturale (ricorda un po' le nostre commedie agrodolci degli anni settanta) mi colpì particolarmente. Così cominciammo a sviluppare il progetto insieme. Posso dire di aver vissuto situazioni davvero particolari, in India, a volte al limite del reale! Essere donna, giovane e straniera ha sempre fatto di me una creatura del tutto anomala a Bollywood, seppure il nostro film fosse off-Bollywood. A volte ho incontrato diffidenza, a volte sono stata accolta con grande calore, magari proprio per la mia particolarità. Comprendere il sistema con cui l'industria indiana si muove ha richiesto tempo, ed io sono rimasta a Bombay per l'intera durata del progetto, dallo sviluppo alla distribuzione nelle sale. Un'esperienza impagabile.

2 - Com'è nata la collaborazione con Raja Krishna Menon?
Il primo incontro in assoluto avvenne durante una convention a Bombay nel 2005: Italy meets Bollywood. Io ero parte ufficiale della delegazione italiana, ma la sola decisa a restare in India. In quell'occasione in effetti incontrai molti produttori/registi indipendenti indiani (fra cui Raja).

3 - Com'è stato il rapporto con gli altri componenti della troupe?
Ottimo. Una squadra giovane e dinamica, composta da persone cha avevano per lo più già lavorato insieme e che quindi condividevano una buona intesa, oltre al desiderio - come spesso accade per il circuito indipendente, in tutto il mondo - di realizzare il miglior film possibile.

4 - Qual è la sua opinione su Barah Aana?
Sono davvero felice di aver prodotto Barah Aana. Credo che il film dica qualcosa di molto importante senza cadere nella retorica. Il taglio da commedia fa sorridere in molte sequenze, ma il sorriso è poi destinato a durare a lungo? Credo che Barah Aana possa essere definito una rivisitazione contemporanea ed indiana (dunque colorata ed articolata in quel linguaggio) di alcune delle nostre vecchie commedie a sfondo sociale. La recitazione è ottima, accompagnata da un'attenzione alla realtà che spesso sfugge alle più grosse produzioni indiane. Una pellicola semplice, sincera e a suo modo efficace.

5 - Perché, malgrado la coproduzione italiana e la presenza nel cast di Violante Placido, Barah Aana non è stato distribuito in Italia?
Il film non è una coproduzione con l'Italia ma una produzione del tutto indiana. La mia presenza e quella di Violante sono gli unici elementi italiani. Barah Aana è stato di recente acquistato da Smiley Film Sales (Nuova Zelanda) per le vendite internazionali, quindi vedremo presto gli sviluppi su questo fronte.

6 - Ha conosciuto personalmente Naseeruddin Shah e Vijay Raaz? Cosa può raccontarci di loro?
Sono indiscutibilmente due grandi attori, seppur molto diversi fra loro. Naseer ha una vastissima esperienza, sia nazionale che internazionale, una passione folle per il teatro ed una personalità molto forte. Sa cosa vuole, ha opinioni ben precise sulla maggior parte degli argomenti, una presenza scenica che parla da sé. È un piacere ammirarlo agire ed interagire. Vijay è una persona davvero fuori dal comune. Quando Raja ed io l'abbiamo visto arrivare in occasione del primo incontro, ci siamo guardati e non abbiamo aggiunto altro: in cuor nostro la scelta era già stata fatta. Ciò che si dice selezione naturale! Ironico, disponibile, una voce originale e assolutamente autentica.

7 - Lavazza è uno dei brand partner di Barah Aana. Come è nata la collaborazione con Lavazza? Secondo lei in futuro altri marchi italiani potrebbero acquisire visibilità sul mercato indiano tramite il cinema?
Il mio contatto è stato preso a Torino, direttamente con Lavazza. Ci siamo poi incontrati in India, e, data la loro recente acquisizione di Barista (grossa catena in franchising di café-bar indiani), hanno ritenuto opportuno utilizzare il nostro film (nel quale vi era una presenza italiana) per veicolare il marchio nel Paese. Spero che il product placement possa diventare sempre più una componente dei budget cinematografici, purché venga applicato in modo sottile e con gusto.

8 - Perché, secondo lei, nonostante gli approcci fra enti cinematografici italiani e case di produzione di Mumbai, l'Italia stenta a creare solide collaborazioni con l'industria cinematografica indiana?
Per diversi motivi, ma il problema di fondo è secondo me riconducibile alla fase di sviluppo dei progetti. Realizzare un film richiede tempo e risorse, in primis la creazione di professionisti solidi che abbiano capacità e soprattutto sensibilità trasversali. Scrivere un film che possa funzionare bene sia nel mercato indiano che in quello italiano ed europeo è un'impresa ardua. Solo due o tre pellicole ci sono riuscite. Il linguaggio cinematografico è profondamente diverso. È un'arte, una specialità che va nutrita e coltivata. In alternativa, il tutto si riduce a collaborazioni sul piano economico/finanziario, e andrebbe bene, ma spesso il discorso del controllo e della conoscenza dei rispettivi mercati rallenta i progetti.

9 – Quale ritiene sia l'ostacolo maggiore alla distribuzione in Italia dei film indiani?
Distribuire un film in sala in Italia costa parecchio, e la pubblicità gioca un ruolo importante. Senza il sostegno della critica (festival, premi, ecc.), e in presenza di una forte competizione da tutto il mondo, se si volesse trattare un film indiano o rumeno o brasiliano (world cinema), con la loro specificità di genere e forma, l'investimento sarebbe ad alto rischio. In Italia le pellicole indiane sono proiettate nell'ambito di rassegne o retrospettive dedicate nelle quali i film vengono promossi come film indiani, appunto, con tutto quello che la definizione comporta.

10 - Ha qualche nuovo progetto di coproduzione di film indiani, magari girati parzialmente in Italia?
Sto terminando proprio in queste settimane un documentario indipendente girato in Kashmir tra il 2009 e il 2010 e diretto da Ashvin Kumar, nominato all'Oscar per il corto Little terrorist. È la storia di un allenatore argentino di calcio che da tre anni vive in Kashmir, regalando un sogno a ragazzi senza molte altre alternative. In particolare, il capitano della squadra è figlio di un ex-militante islamico. Quindi una storia fondamentalmente personale, che non si prefigge di raffigurare un macro-quadro della situazione in Kashmir, ma che piuttosto segue le vite di queste figure chiave, facendo parlare loro. La post-produzione audio verrà realizzata a Londra, mentre la post-produzione video in Italia.

11 - Com'è nata la sua passione per il cinema indiano?
Da una grande curiosità per il Paese in generale, per la sua cultura, i suoi sapori, quindi anche per le sue forme artistiche ed espressive.

12 - Quali sono i suoi film, attori, registi indiani preferiti?
Wow, super domanda! Cado nell'ovvio, temo: Satyajit Ray, Bimal Roy, ma anche il trash degli anni settanta/ottanta (ho scovato chicche esilaranti!). Adoro il sopra le righe del cinema tamil (preso a piccole dosi), o anche hindi di qualche anno fa. Fra i prodotti di Bollywood, conservo bei ricordi di Lagaan.

13 - Da quanti anni vive a Mumbai?
Quattro, ma da poco ho deciso di dividere nuovamente il mio tempo fra oriente ed occidente, quindi un po' di Europa e un po' di India!

14 - Come gestisce i suoi impegni quotidiani in una metropoli così caotica e lontana dalla realtà italiana? Quali sono i problemi maggiori che ha dovuto affrontare?
È un mondo completamente a sé stante, che quindi richiede un'immersione completa per farsi accettare ed apprezzare. I numeri sono stupefacenti: un solo quartiere di Bombay può contare quattro milioni di abitanti! Di conseguenza, in questa giungla d'asfalto si lotta per le cose pratiche, a seconda del ceto sociale di appartenenza e quindi dei collaboratori che ci si può permettere. La città esplode di vita. E proprio a causa delle dimensioni e del caos di Bombay, si finisce per scegliere una determinata zona della città, mantenendo la propria quotidianità nei paraggi. La mia vita si svolge a Bandra: meeting di lavoro, frequentazioni sociali, la spesa al mercato.

15 - Per favore, ci racconti qualcosa della città. Immagino che la maggior parte della scena artistica ruoti intorno a Bollywood. Ma cosa ci può segnalare di diverso e di lontano dall'industria cinematografica? Com'è l'atmosfera che si si respira a Mumbai?
Bombay ha l'atmosfera di un luogo che cresce alla velocità della luce, con i vantaggi e i disastri sociali che ne derivano. La città ha due volti: la strada e i luoghi di aggregazione/lavoro del ceto medio in fase di spasmodica espansione. Differiscono in modo lampante agli occhi di chiunque. Ad esempio: a Bandra (chiamiamolo il nuovo quartiere degli artisti) la mattina presto è ancora possibile incontrare un omino in lungi con asino al seguito, il cui latte viene consumato sul posto da grandi e piccini perché si ritiene faccia bene al sistema immunitario e respiratorio (e considerando l'inquinamento a Bombay...). E, sempre nello stesso quartiere, aprono caffè di stile europeo, con scelta di vini e cibi mediterranei di buona qualità, nonché locali frequentati da giovani tatuati con l'iPod nelle orecchie. Come si può sintetizzare una tale varietà?

Grazie a Giulia Achilli per la cortesia e la disponibilità (e per la fotografia).

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