10 agosto 2016

ANGRY INDIAN GODDESSES ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2015


[Archivio]

Angry Indian Goddesses è stato proiettato ben quattro volte, in concorso nella sezione principale, alla Festa del Cinema di Roma 2015, e si è poi aggiudicato il premio del pubblico (l'anno precedente l'onore era toccato a Haider). Il regista Pan Nalin (innamorato di Virna Lisi) e le attrici Sandhya Mridul, Anushka Manchanda e Rajshri Deshpande, hanno presenziato alla prima, in cartellone la sera del 20 ottobre.
Nalin ha commentato la serata nel suo profilo Facebook: 'Grazie Roma! 7 minutes of ebullient standing ovation for 7 goddesses! ‪#‎AIGtheFilm‬ it all started with vast, empty red carpet, Sandhya Mridul alights, Anushka Manchanda leads the walk, Rajshri Deshpande stops to pose - so do we. About 2 hours later the show gets over with tongue-out ovation! Last night was truly magical'.
Difficile non condividere l'entusiasmo che la pellicola ha suscitato al Toronto International Film Festival, e anche a Roma. La locandina è uno spettacolo, il trailer è travolgente, le recensioni positive, le dee simpaticissime.
La trama? Sette ragazze a Goa per un addio al nubilato della durata di una settimana. Amicizia femminile, desiderio di emancipazione, commedia, dramma. Pan Nalin? In precedenza aveva diretto, fra gli altri, Samsara (2002, in lingua tibetana e ladakhi), distribuito anche in Italia (udite udite) perché coprodotto dalla Fandango di Domenico Procacci (ah, ecco). Le altre quattro dee? Tannishtha Chatterjee, Sarah Jane Dias, Amrit Maghera e Pavleen Gujral.
Per la cronaca: nella sezione parallela Alice nella città, era in concorso Nil Battey Sannata di Ashwiny Iyer Tiwari.


RASSEGNA STAMPA/VIDEO

Angry Indian Goddesses, la conferenza stampa, Dalila Orefice, Cinefilos, 20 ottobre 2015:
'Siamo al quinto giorno di festival, che ha visto come primo film Angry Indian Goddesses, presentato alla stampa direttamente dal regista Pan Nalin, le attrici Anushka Manchanda, Sandhya Mridul, Rajshri Deshpande e dai produttori Dhingra Gaurav e Sol Bondy. È un film che ci fa entrare nel mondo di donne straordinarie, che con estrema grinta si battono per un’India che deve necessariamente fare i conti con la modernità.
È uno dei pochi o forse l’unico film indiano a raccontare la vita delle donne in una società che sta cambiando. Da dove nasce il desiderio di affrontare questa tematica?
Pan Nalin: L’idea del film mi è venuta da alcune storie reali di cui ho avuto notizia. Mi hanno toccato profondamente soprattutto per la forza che queste donne devono avere, che sembrano attingere dalle grandi donne indiane delle leggende, che vengono catapultate nell’India contemporanea. Nel nostro paese attualmente la questione è molto calda, anche perché le nuove generazioni hanno una formazione di tipo occidentale che non può che stridere con quella che è la nostra antica tradizione. È dunque frequente che si creino conflitti rispetto a questa situazione.
Dhingra Gaurav (produttore): Quando abbiamo cominciato questo film eravamo molto concentrati sulle donne in India, e cioè specificamente sulle donne indiane. Tuttavia, andando avanti con il lavoro ci siamo resi conto di quanto questa sia in realtà una storia molto universale. In ogni parte del mondo le donne lottano con le disparità ancora presenti nel mondo lavorativo o con lo sforzo di conciliare il loro essere madri e donne in carriera allo stesso tempo.
L’alternarsi continuo dell’inglese e della lingua hindi rispecchia il reale modo di parlare della gente o ha un altro significato?
Anushka Manchanda: Il film è un grande affresco di come le donne sono realmente in India. Le conversazioni dei personaggi sono in realtà conversazioni che noi ci troviamo ad avere continuamente nella nostra quotidianità. In realtà mentre giravamo spesso non sapevamo dove fosse la macchina da presa, quelle che vedete sullo schermo non siamo altri che noi stesse. Quindi anche per quanto riguarda la lingua, la risposta è sì, è il modo reale in cui parliamo. Spesso veniamo da parti differenti dell’india, e se parlassimo il nostro dialetto non ci capiremmo, per cui parliamo sempre mescolando. O a volte completamente in inglese.
Quella che abbiamo visto sembra un’India molto occidentalizzata. Direbbe che anche nel modo di vestirsi e di comportarsi delle ragazze, il film rispecchia la realtà?
Rajshri Deshpande: L’india è davvero molto varia, probabilmente rimarreste scioccati se poteste vedere quanto sono sfrenate le nostre feste. Certo, c’è ancora chi è molto attaccato alla tradizione, ma dipende molto dalla città in cui ci si trova.
Sandhya Mridul: Sì, in effetti le cose cambiano molto di città in città. Personalmente a Delhi, beh ci penserei due volte se volessi vestirmi all’occidentale. Ma se fossi a Bombay, non avrei alcun problema a indossare degli shorts. Ci si deve costantemente adattare.
Il film ha un grande impatto emotivo, soprattutto nella parte finale: le donne si fanno giustizia da sole... non crede che sia un messaggio pericoloso?
Pan Nalin: Beh sì, sarebbe un messaggio pericoloso, ma non è quello che intendo veicolare con quel finale. Io voglio suscitare una reazione, voglio che il sistema apra gli occhi, è piuttosto una provocazione a svegliarsi e fare qualcosa prima che sia troppo tardi.
Dhingra Gaurav: In India non si fanno film in cui le donne sono le protagoniste. A Bollywood le donne sono trattate spesso e volentieri come oggetti, non hanno una reale rappresentazione nel cinema indiano. Per cui è importante poter trasmettere l’attuale condizione delle donne in India, dargli una voce, non lasciarle come delle bellissime sculture sullo sfondo di un film, ma metterle al centro'.

Da sinistra: Sandhya Mridul, Anushka Manchanda, Pan Nalin e Rajshri Deshpande - Roma, 2015

recensione di Dalila Orefice, Cinefilos, 20 ottobre 2015:
'Sorprendere. Divertire. Scuotere. Tre cose che raramente riescono a trovare un giusto equilibrio in un unico film. Pan Nalin, con l’opera presentata alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma, ci riesce. (...) Una festa di emozioni che si avvierà verso un finale tragico, che punta il riflettore sulla fatica di far trionfare la giustizia, in un mondo in cui la tradizione non riesce a cedere il passo alla modernità. Angry Indian Goddesses è, per linguaggio, forse il film più sorprendente tra quelli visti finora nell’ambito della festa. Dall’inizio scoppiettante, in cui si ironizza sul cinema di Bollywood utilizzando uno stile fumettistico, si passa al registro di commedia brillante per acquistare, gradualmente, un tono più serio, che si risolve nel tragico. Un mutare continuo di tono che non disturba, anzi ci coinvolge sempre più, di minuto in minuto. Sono tanti i temi importanti toccati dalla pellicola: dalla discriminazione della donna sull’ambiente di lavoro, alla lotta eterna per vedere l’avverarsi dei propri sogni, alla libertà di vivere la propria sessualità, alla difficoltà di conciliare la cura della famiglia con la carriera. Temi universali che diventano più forti se inseriti nel contesto indiano, in cui spesso le donne sono colpevolizzate anche quando si abusa di loro. (...) Grintose, forti, libere dal senso di colpa, (...) le donne di Nalin non si abbandonano mai al vittimismo. Il merito maggiore del film risiede forse proprio in questo: non c’è un momento in cui si provi compassione per le protagoniste, perché l’ultima cosa che queste “Dee furiose” farebbero, è compiangersi e rinnegare la loro dignità di donne. (...) Elettrizzante e toccante, il film trova risoluzione in un finale che lascia scossi nel profondo. In un clima leggero e festoso, si abbatte improvvisamente la tragedia, inaspettata proprio perché ci sembra che nessuno possa arrestare questa forza della natura che è la vitalità delle nostre Dee. Lo stomaco si stringe, la voglia di giustizia si fa più violenta. Un film imperdibile'.


recensione di Francesca Bea, Sentieri Selvaggi, 20 ottobre 2015:
'Pan Nalin non attende neanche i titoli di testa per mettere le cose in chiaro. Le donne di Angry Indian Goddesses non sono affatto gli accessori scenografici di un immaginario, quello bollywodiano, che continua a esaltare unicamente l’aspetto decorativo del genere femminile. (...) Le donne di Angry Indian Goddesses, pantaloncini corti e la lingua minacciosamente di fuori, come l’immagine della dea Kali, si fanno corpo inquieto e in perenne movimento che grida al mondo il proprio irrinunciabile desiderio di un nuovo ordine. Angry Indian Goddesses continua a girare, senza mai prendere fiato, intorno alle sue protagoniste. Pan Nalin cerca di trovare nella fisicità dei corpi che filma, negli squarci di dolore ed esplosione di vitalità che non smettono mai d’incrociarsi sullo schermo e di scambiarsi i ruoli, nelle vibrazioni emotive amplificate dalle aperture musicali, le traiettorie di un discorso intimo capace di allargarsi fino a riflettere l’immagine problematica di una realtà, la condizione femminile indiana, e farsi voce di una nuova generazione, sospesa tra il peso della tradizione e necessità di cambiamento. Ma se anche Angry Indian Goddesses è attraversato da momenti di innegabile forza ed efficacia, (...) Nalin solo in parte riesce a muoversi con disinvoltura tra le diverse storie che affronta e, soprattutto, a gestire l’intrecciarsi delle traiettorie esistenziali delle sue protagoniste con la volontà, più e più volte rimarcata, di dare corpo ad un, pur encomiabile e necessario, manifesto di denuncia e di riscatto. Ad Angry Indian Goddesses manca, insomma, l’immediatezza e l’intensità, (...) anziché perdersi fino in fondo nella danza misteriosa dei corpi delle donne che racconta, nei loro attriti e nei loro abbracci, procedendo attraverso essi per farsi discorso sul mondo, il film di Pan Nalin continua ad inciampare in una scrittura programmatica, che va sacrificando la dimensione emotiva a favore dell’urgenza del proprio atto di accusa'.







Sandhya Mridul e Diane Keaton


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