11 agosto 2016

LOCARNO FILM FESTIVAL 2015


[Archivio]

La 68esima edizione del Locarno Film Festival si è svolta dal 5 al 15 agosto 2015. Nel corso della manifestazione sono stati proiettati Bombay Velvet, alla presenza del regista Anurag Kashyap, e, in prima mondiale, Thithi (kannada) diretto da Raam Reddy. Thithi si è aggiudicato il Pardo d'oro Cineasti del presente e il premio per la migliore opera prima.

RASSEGNA STAMPA/VIDEO

- Video ufficiale: red carpet
- Recensione di Bombay Velvet di Francesco Boille, Internazionale, 12 agosto 2015:
'La piazza Grande di Locarno si è illuminata con uno splendido film indiano, Bombay velvet di Anurag Kashyap, incrocio riuscitissimo tra film d’autore e odierno cinema di Bollywood, ma senza il kitsch, (...) e che non tralascia i risvolti politici. (...) Un affresco storico forte e di grande interesse. (...) Un vortice ipnotizzante di colori, musiche, movimenti di camera aerei. E la lezione di storia è veicolata dall’eleganza di regia e fotografia, elementi che trovano una loro poesia. (...) L’elegante assemblaggio dei dettagli davvero numerosi fa assurgere molte immagini a singoli affreschi all’interno di un più globale affresco storico. (...) Forse manca nel finale un momento di poesia un poco più pregnante. (...) La conferma di un grande regista per l’immediato futuro'.

- Recensione di Bombay Velvet di Giampiero Raganelli, Quinlan, 12 agosto 2015:
'Il regista, nel suo affresco storico, rivela una sacca ancora in mano europea, Goa che rimarrà una colonia portoghese fino al 1961. La ricostruzione, sontuosa, dei differenti contesti storici è percorsa da un conflitto anche estetico tra la società indiana e quella cattolica dell’enclave portoghese. E il finale, con i tanti babbi Natale e gli alberi di Natale che pervadono le strade e le piazze indiane, suona come il monito per un colonialismo culturale che persiste. La storia per Anurag Kashyap è anche, e ancora come in Gangs of Wasseypur, una storia urbanistica. Quella della trasformazione in grande metropoli di Bombay - chiamata sempre così con il suo nome occidentale in un film che racconta i parallelismi e analogie con vicende occidentali -, la trasformazione del suo assetto fino ad arrivare allo skyline attuale. Una trasformazione che è stata plasmata dalle mani sulla città, da interessi malavitosi e dalla corruzione politica. Bombay Velvet è in tutto e per tutto un film che ricrea gli schemi e le atmosfere del noir americano classico, configurandosi come un’operazione di omaggio a quel glorioso cinema. (...) Bombay Velvet è la ricostruzione estetizzante di un mondo dai colori seppia (...) anni venti. Grandi locali di music-hall, lustrini e paillettes, con un pubblico elegante che arriva su sontuosi macchinoni, con cantanti elegantissime che si esibiscono con microfoni con asta d’epoca. Il titolo stesso del film prende il nome dal locale Bombay Velvet, punto di snodo delle vicende narrate. I momenti musicali fanno convergere le istanze del film con quelle di Bollywood, ma Kashyap mantiene le canzoni, così come i pochi momenti di ballo, su un piano diegetico. Le esibizioni sono quelle dei personaggi del film. Sempre come ingrediente del cinema americano classico, è la presenza del giornalismo, il quarto potere, che ha un ruolo di rilievo nella vicenda. Caporedattori in bretelle, le prime pagine di un quotidiano, il Torrent, spesso esibite così come le rotative (lungo sarebbe l’elenco dei modelli). E ancora da quel genere classico deriva un mondo sordido, cinico dove i personaggi sono impegnati in una lotta per la sopravvivenza. Dove nessuno, o quasi, si salva. (...) Un mondo di intrighi, di vicende contorte, di rampantismo malavitoso, di donne che vissero due volte. L’impronta al montaggio di Thelma Schoonmaker è esibita. Fa palpitare il film con un ritmo mozzafiato, con momenti ipercinetici. E costruisce l’incipit narrativo con l’accumularsi di tantissime microstorie, presentazioni di personaggi, scene veloci e tra loro scollegate i cui fili narrativi si rivelano solo al dipanarsi graduale della storia'.

Raam Reddy

- Recensione di Thithi di Francesco Boille, Internazionale, 13 agosto 2015:
'Un film sul popolo, sul suo modus vivendi fondato sul caos, duro e gioioso assieme, e del popolo, cioè prossimo al cinema popolare indiano, soprattutto quello precedente agli ottanta, ancora impregnato di neorealismo e che parlava in maniera umana di dolori e ingiustizie. Ma è anche opera pienamente autoriale, con un’analisi potente dei meccanismi umani e sociali fotografati con grande precisione nel movimento della vita. (...) Thithi è però anche una parabola, ma immersa nel quotidiano più concitato e prosaico, quindi privo di allegorie mitiche o affabulazione poetica, sulle passioni umane universali anche se molto attento e realistico nel riprodurre situazioni specifiche al mondo rurale indiano, o quantomeno a quella parte dell’India. (...) E di questa mescolanza di commedia, neorealismo (indiano) e interrogazione morale, allo spettatore resta il dispiacere di separarsi da questi personaggi e il desiderio di vederli ancora. Poiché in fondo essi sono la vita'.


- Intervista ad Anurag Kashyap, Giampiero Raganelli, Quinlan, 29 agosto 2015:
'Bombay Velvet inizia nel 1947, anno cruciale, spartiacque perché quello dell’indipendenza dell’India. Anche il tuo precedente Gangs of Wasseypur iniziava in quel periodo, pur poi sviluppandosi in un arco temporale molto più vasto. Qual è il tuo interesse per quella fase storica del paese?
Non è che io sia particolarmente interessato a un certo periodo piuttosto che a un altro, però mi interessa molto la storia della città di Bombay. La città racchiude in sé un senso della storia, ed è stata segnata dal momento in cui la corruzione del territorio è iniziata. Quindi volevamo raccontare la storia del primo scandalo del paese. Ora è riconosciuto come un momento importante della storia dell’india.
Mi pare evidente un’interpretazione in chiave urbanistica del film, soprattutto per la didascalia finale che mostra i palazzoni odierni additandoli a esempio di speculazione edilizia, al sacco della città che risale a quell’epoca. È un’interpretazione corretta? (...)
Se vai a Bombay oggi c’è un continuo costruire e ricostruire dappertutto e non finisce mai e sta distruggendo la città, una città che era così bella. Per me è stato importante parlare di questa storia. Non è una storia inventata, questi edifici esistono veramente. La storia del mio film è una storia di corruzione e di come la corruzione ha iniziato a prendere piede in Bombay.
In ciò ti avvicini al noir classico hollywoodiano. (...) Mi sembra che Bombay Velvet appartenga al novero di quei film, (...) che ricreano le atmosfere di quel cinema.
Un film che porto nel cuore è C’era una volta in America. Sì sono stato molto influenzato dal noir classico. (...)
Queste suggestioni erano già presenti in Gangs of Wasseypur.
Sì anche se quel film aveva uno stile più “elettrico”, più moderno.
Importante nel film è il ruolo della stampa. Anche questo un retaggio dal cinema classico americano?
C’è una cultura del tabloid a Bombay, pieni di gossip. Ce n’è uno famoso che si intitola Blitz, un altro Current, che nel film sono diventati Glitz e Torrent.
Come ogni film di Bollywood la musica è molto importante. Qui la usi molto nelle canzoni nel locale. Sono sempre diegetiche e lo stesso si può dire dei pochi momenti di ballo che sono nel film.
La musica è molto importante. In india non puoi fare un film senza musica, quindi io cerco sempre di usare delle canzoni che sembrino reali. Per me sembra troppo innaturale che qualcuno inizi all’improvviso a cantare e ballare senza apparente motivo. È sempre difficile per me trovare un utilizzo della musica convincente per il pubblico.
Anche queste canzoni concorrono a ricreare una sorta di golden age.
Sì, la mia idea era di ricreare quella golden age, con quelle macchine lussuose, quelle persone eleganti. Era come un periodo dei postumi del colonialismo, dopo che gli inglesi avevano lasciato l’India. È un mondo che non esiste più, ora le persone per esempio hanno uno stile più casual. Le scene della dance hall sono esplicative del mio utilizzo della musica, non mi piace quando un film si ferma per le canzoni, per me devono fare parte della narrazione.
Possiamo parlare di una New Bollywood, vale a dire di un fermento di nuovi registi dalle idee innovative, che vogliono rompere con gli schemi ormai logori di quella cinematografia popolare?
Bollywood sta cambiando, e ci sono anche film senza canzoni. (...) Ci sono molte cose buone che stanno iniziando con la nuova generazione di registi. Qui a Locarno c’è anche Thithi di Raam Reddy. Infatti come vedi molti film di Bollywood stanno attirando l’attenzione dei grandi festival internazionali'.

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