12 agosto 2016

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2016


La 73esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia si svolgerà dal 31 agosto al 10 settembre 2016. Il regista Chaitanya Tamhane è membro della giuria nella sezione Orizzonti (nel 2014 il suo Court si era aggiudicato ben due premi - clicca qui). 
Adil Hussain ha confermato in Twitter la sua partecipazione al festival, dal 31 agosto al 5 settembre, in occasione della presentazione, nella sezione Biennale College Cinema, di Mukti Bhawan (titolo internazionale Hotel Salvation), diretto da Shubhashish Bhutiani e realizzato nell'ambito del progetto veneziano Biennale College. Nel cast anche Lalit Behl. Trailer. Bhutiani era stato premiato nel 2013 per il cortometraggio Kush (clicca qui). Il film è in cartellone il 2 settembre alle ore 11.15 e 17.00 in Sala Giardino, e il 3 settembre alle ore 20.00 in Sala Pasinetti. Adil dovrebbe presenziare alle proiezioni del 2 settembre. 

Aggiornamento del 10 settembre 2016: Mukti Bhawan ha vinto il premio collaterale Enrico Fulchignoni CICT-UNESCO con la seguente motivazione: 'Per i valori espressi in modo raffinato sull'importanza della famiglia, sul passare del tempo insieme nel rispetto e con amore, quei valori dei diritti umani che noi tutti condividiamo. La maturità e la profondità delle emozioni e il vocabolario cinematografico utilizzati per narrare smentiscono la giovane età del regista, e non vediamo l'ora di vedere nuovi suoi film in futuro'. 


RASSEGNA STAMPA VIDEO (aggiornata al 10 settembre 2016)

- Video ufficiale: presentazione, da parte del regista Shubhashish Bhutiani e del produttore (nonché padre del regista) Sanjay, di Mukti Bhawan.
- Recensione di Mukti Bhawan, Letizia Lucangeli, Anonima Cinefili, 7 settembre 2016:
'Il cinema indiano d’autore ci ha abituato in questi anni ad opere fresche, sincere e lontane da ogni stereotipo orientalista, realizzate da giovani registi, ma è davvero difficile immaginare, guardando un film maturo come Hotel Salvation, che Shubhashish Bhutiani, l’autore, abbia solo 25 anni. O forse sì: lo sguardo ironico e lieve, la saggezza disarmante e rigorosa che solo i molto giovani e i molto vecchi possiedono nel narrare e nell’interpretare i fatti potrebbe far arguire a uno spettatore attento che in effetti Hotel Salvation non possa che essere l’opera di un regista giovane ma dotato di un solido bagaglio formativo alle spalle. Bhutiani è infatti un diplomato della New York City’s School of Visual Arts. (...) I rapporti tra genitori anziani e figli adulti si perdono spesso in mille rivoli fatti di quotidianità borghese e preoccupazioni spicciole, e in questo film proveniente da un mondo cinematografico così apparentemente lontano ritroviamo gli stessi interni di tanto cinema europeo, e quindi anche dinamiche simili, intrichi di cose non dette e non espresse. (...) La morte, la libertà e il fiume Gange sono gli altri protagonisti, onnipresenti e silenziosi, di questo film. Il regista Bhutiani avrebbe potuto scegliere di rappresentare il Fiume Sacro in modo epico e maestoso, ma non lo fa: il registro del film è impostato su un altro tipo di visione. (...) La regia di Bhutiani è un misto di raffinatezza e naturalezza; colpiscono i primi piani (...) sempre leggermente spostati, come a voler esaltare, oltre ai (...) volti, anche gli ambienti circostanti, i colori pastello scrostati delle pareti, le finestre, la luce. Hotel Salvation è un film che parla di legami, di scelte, di crescita, di autodeterminazione, di amore, di padri e figli con uno stile diretto e poetico la cui freschezza è, purtroppo, sconosciuta a molto cinema europeo e nordamericano attuale'.

Da destra: Adil Hussain, Sanjay e Shubhashish Bhutiani, Sajida Sharma (produttrice)

- Recensione di Mukti Bhawan, OGM, FilmTv:
'Diario minimo degli ultimi giorni di un poeta dimenticato. Un uomo in procinto di abbracciare l'infinito. Morire così. Come prescritto dal libro sacro, in una città santa, bagnata da un fiume che segna la strada verso l’infinito. Un anziano poeta decide che quella è la fine migliore. (...) Quel posto è la riva che accoglie un’attesa apparentemente sterminata, una rivelazione di cui è impossibile scorgere i confini. E sebbene il tempo, secondo la misura degli uomini, sia inesorabilmente limitato, laggiù non se ne avverte l’angosciante ticchettio. (...) I suoi attimi residui sono le miniature di un mondo che si avvicina alla sera facendo di ogni attimo un quadro memorabile, fissando per sempre il dettaglio di una suggestione che non vuole fuggire. Il linguaggio di questa storia non vuole invadere l’imponente regno della trascendenza, preferendo trattenersi nella sua disadorna anticamera, dove gli oggetti, la sporcizia, le piccole rovine dei desideri inesauditi si ammassano dentro spazi scomodi ed angusti, come per essere pronti a fluire al di là, non appena la porta si apre. Sono i cimeli della fede in una continuità che sfida la temibile apparenza del nulla. Anche questa storia coltiva il suo niente come una poesia rimasta inedita, di cui si ricordano a malapena i versi, e dei cui echi la mente cerca di nutrirsi per non farsi trovare impreparata di fronte al grande passaggio. Le romanticherie da saga popolare si stemperano nella indulgente rarefazione che rende letteraria perfino l’inconsistente scia della banalità. Basta poco per trasformare la tentazione della fiction in un abbozzo di elegia. Ed è sufficiente un lieve tocco pittorico per donare alla prevedibilità il commovente accento di un addio. Intanto la verità rimane quella non scritta, nascosta fuori dalla scena, inaccessibile ai comuni mortali. La delicata ingenuità di questo film ammette forse questa beatificante chiave di lettura, che arricchisce la gradevolezza della superficie con un timido sospetto di profondità. Un’interpretazione che, nella sua benevolenza, racchiude il devoto, condiscendente sforzo di udire, dietro la voce del pensiero consueto, il flebile controcanto dell’anima assorta'.  
















Chaitanya Tamhane




Cerimonia d'apertura

Cerimonia di chiusura


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