05 settembre 2023

DEEPTI KAPOOR: L'ETÀ DEL MALE


Da giugno è in distribuzione nelle librerie italiane il romanzo L'età del male, di Deepti Kapoor, pubblicato da Einaudi. 
- Video Tg3: intervista concessa dalla scrittrice a Luciana Parisi, 10 giugno 2023.
- Valigetta e fucile, la mafia indiana nella trilogia del male scritta da Deepti Kapoor, intervista concessa a Roberto Saviano, Sette, 31 luglio 2023. Di seguito un estratto:

'L’età del male (...) ci parla di un’India violenta, affarista, prevaricatrice, dove la linea di confine tra la mafia, la politica e l’imprenditoria si assottiglia a tal punto da rendere quasi impossibile una definizione accurata dei ruoli sociali. (...) In questo romanzo, primo di una trilogia, la potentissima famiglia dei Wadia controlla enormi settori industriali, specula nell’edilizia, impone le proprie regole, si prende ciò che vuole, intere vite, intere famiglie, interi destini, risputandone l’osso. Il rampollo di famiglia è Sunny. Con lui, la giornalista Neda stringe un legame ambivalente, giocato sul filo sottile che separa intimità e doveri professionali e che si dipana in una nazione molto più complessa - e anche tetra, ma non per questo meno seducente - di quanto certa mistica dozzinale e stereotipata sia riuscita negli anni a rappresentare. Altro personaggio centrale, che fa propria la pagina, è quello di Ajay, autista e factotum, povero figlio di poveri. Anche con lui, come con gli altri protagonisti, la penna di Kapoor riesce a farsi sonda e termometro, a sezionare la società indiana e riuscendo nel difficilissimo compito di rivelarne gli anfratti più bui senza per questo doverli illuminare. 

I Wadia sono un universo criminale, governano vite e intere economie. Hanno fondato il loro potere nel sangue eppure ora sono la vita stessa della nazione. Il tuo romanzo è un viaggio nel cuore di tenebra dell’India?
I Wadia sono al centro di una piccola ma importante parte della nazione, una regione dell’India settentrionale soprannominata cow belt. Anche se altre parti del Paese hanno le loro mafie e criminalità, i Wadia non rappresentano tutta l’India. (...) È utile pensare all’India come a un insieme di stati con un senso (sempre più contestato) di omogeneità nella diversità, come in Europa. (...) La famiglia dei Wadia controlla, estorce, influenza attraverso la fedeltà politica e gli affari. Loro sanno bene che nulla dura per sempre, tranne il sistema: (...) che ruoti attorno a questioni antiche (casta - varna e jati) o nuove (denaro), quello che resta al centro è sempre il potere. Per molti indiani, il romanzo afferma ciò che tutti già sanno, ciò che è davanti ai loro occhi ogni giorno. Non ho svelato niente, non ho scoperchiato alcun marciume nascosto. Non c’è un modo chiaro per venirne a capo. Quando una famiglia Wadia viene distrutta, un’altra famiglia o un altro gruppo è pronto a prendere il suo posto. Sarebbe ingenuo credere che la malattia provenga dall’esterno. La malattia è nel corpo della nazione, e la nazione è fatta di menti e cuori umani.

Mafia è una parola italiana. Forse la più conosciuta del mondo perché descrive in sintesi ciò che esiste ovunque. (...) In India la mafia è potentissima. Perché nel mondo si parla cosi poco di mafia indiana? Perché non esiste una vera cultura antimafia in India?
Bella domanda. Una delle ragioni è che le mafie in India, specialmente nella mia regione, agiscono localmente. C’è la mafia della sabbia, la mafia della terra, la mafia del legname, la mafia dei liquori ecc.. (...) La seconda ragione è che l’India, per molte persone in Occidente, è una terra mistica ed esotica, e c’è un grande desiderio che rimanga nell’immaginario un luogo di spiritualità piuttosto che di criminalità. Molte persone che ho incontrato semplicemente non vogliono sentir parlare di questo tipo di India, perché cozza col loro bisogno di avere uno spazio nel mondo in cui possa radicarsi il loro immaginario spirituale. Bisogna anche dire che spesso è difficile distinguere un fenomeno mafioso da un business legale, perché la legalità è spesso grigia e fangosa. Tra un mafioso, un politico e un potente uomo d’affari capita che non ci sia molta differenza. Nel 2019, il 43% dei parlamentari indiani aveva procedimenti penali pendenti a proprio carico. I criminali hanno a lungo controllato la politica indiana. Probabilmente è iniziato nel 1969 quando Indira Gandhi vietò il finanziamento di privati ai candidati alle elezioni, costringendo coloro che cercavano il potere a ottenere finanziamenti da fonti clandestine.
Per i poveri è molto difficile accedere ai beni pubblici. In alcuni Stati, i negozi governativi non forniscono il necessario, anche se si possiede la tessera annonaria - e troppi tra i poveri non ce l’hanno. Gli insegnanti non si presentano a scuola. La polizia non registra reati e prevaricazioni, soprattutto se commessi da ricchi e potenti. Gli ospedali pubblici non dispongono di personale adeguato e le medicine che dovrebbero essere gratuite non sono disponibili. È qui che si inserisce il politico disonesto ma esperto. I poveri non hanno il denaro per acquistare, ma dispongono del voto, un bene a cui il politico è molto interessato, così il politico blandisce l’elettore con piccole elemosine, un lavoro qui, un permesso là, e così facendo ottiene il suo favore. È chiaro che esistono anche politici onesti, ma quello furbo, di strada, è più bravo a far girare le ruote della burocrazia. In India, per prosperare nella vita, in politica, negli affari, servono soldi e muscoli. E questo è universalmente riconosciuto.

Puzo, Talese, Scorsese sembrano essere i tuoi riferimenti narrativi. (...) Come ti documenti prima di scrivere un libro?
Onestamente, ho letto Puzo quando il romanzo era già stato scritto, e proprio perché la gente continuava a paragonarli. Sunny non è un richiamo a Sonny del Padrino, ma solo un nome comune nel nord dell’India. (...) Ad ogni modo, penso sia importante ribadire che la vita è venuta prima, e che tutto è stato filtrato attraverso i miei occhi e le mie orecchie. Mi sono trovata nella posizione perfetta per scrivere questo romanzo. Ho frequentato gente potentissima perché siamo andati a scuola insieme (sono stata mandata lì per sfuggire alla Guerra del Golfo - mio padre aveva un incarico alla Banca di Stato in Bahrain). Venivo da una famiglia borghese liberale e agiata, per niente povera, ma neanche ricca, per gli attuali standard dell’India. Ho frequentato persone immerse nel nuovo lusso, o meglio, ho frequentato i figli di quelli che sarebbero diventati molto presto super ricchi, una volta che l’economia fosse stata liberalizzata. A vent’anni ero una di loro ma, diversamente da loro, ero una giornalista di giorno e una festaiola di notte. Frequentavo le loro case e luoghi lussuosi riservati ai vip, poi, al mattino, tornavo a casa oltre il fiume da mia madre e mia nonna - in una casa sprofondata nel dolore, con tristi storie alle spalle. Non ero una giornalista infiltrata. Non covavo un ardente desiderio di giustizia. Non stavo spiando. Ero una di loro, pronta come loro a finire nei casini. E l’idea iniziale del romanzo era qualcosa di simile a un Il grande Gatsby ambientato a Delhi, focalizzato su Tom e Daisy e su come distruggono vite. L’idea iniziale è nata guardando il vero Sunny giocare con la vita di qualcuno, una notte, mentre contava sul fatto di potersi nascondere dietro la propria ricchezza, il proprio potere. È stato allora che mi sono resa conto di non voler più essere testimone o complice.

Il tuo romanzo è il racconto di come la miseria alimenti gli eserciti di criminali che in realtà sono borghesie industriali: il loro capitale è fondamento dei capitali legali. Il capitalismo è ormai tutto criminale, e guardando l’India sembra evidente. Il libro sembra raccontarlo in modo chiaro. È questo che pensi?
Il nesso criminale tra politica e affari è stato per molti anni così eclatante, sfacciato e fuori controllo, che qualcosa doveva cambiare. Quel cambiamento è arrivato con Modi, ma l’unica cosa che è veramente cambiata è la dimensione della truffa e quanto sono bravi a farla franca. Ecco: da questo punto di vista ci sono stati dei progressi. Siamo stati nel selvaggio west del capitalismo più spregiudicato per tantissimo tempo - un mondo così amaramente, comicamente e apertamente violento che stenti a crederci. E ora stiamo entrando in una fase di silenzio e controllo dei media, dove (...) la violenza non è perpetrata direttamente da chi detiene il potere, ma piuttosto dai suoi seguaci.

Sesso e crimine organizzato: in India è un tema frequentato, e anche nel tuo romanzo ha un ruolo d’eccesso e di violazione delle regole, ma anche di rischio estremo, vedi Neda e Sunny...
Traffico di donne e prostituzione restano un flusso di entrate per la parte della famiglia controllata da Vicky, mentre il sesso come eccitazione e pericolo è presente nelle vite di Sunny e Neda. Anche se per me non c’è mai stata una connessione esplicita tra sesso e crimine. Neda si è semplicemente innamorata di un ragazzo di cui era infatuata e incuriosita, hanno fatto sesso e per lei era una cosa intima, reale, passionale, eccitante, che è stata distrutta dalle azioni di Sunny. E una volta che Sunny ha fatto quello che ha fatto, il piacere della carne si è spento nel mondo di lui e anche in quello di lei. I loro mondi, come conseguenza delle loro azioni, diventano sterili, fragili e annodati fra loro.

È doloroso, ma ti chiedo: scegli il personaggio preferito del romanzo.
Ognuno di loro ha le sue virtù. Detesto amare così tanto Ajay o quanto lo amano gli altri. Voglio odiare Sunny più di quanto lo odi già, ma allo stesso tempo vorrei anche che avesse un’esistenza migliore e più felice, così sarebbe più facile scriverne. Ho una relazione complicata con Sunny. Mentre mi accingevo a scrivere questo romanzo, volevo distruggerlo. Scarnificarlo. A causa di un livore personale. Ma non potevo farlo, non potevo fare a meno di identificarmi con lui. All’inizio ho adorato Neda perché scrivevo di lei partendo da ricordi felici di me stessa a Delhi, prima che le cose diventassero più complicate. Poi tutto si è inacidito. So perché fa quello che fa, ma non sono d’accordo con lei man mano che le cose vanno avanti e si allontana da quella che è stata la mia vita (in effetti, tutto il suo background familiare è molto lontano dal mio). Adesso sono molto ambivalente nei confronti di Neda. Ho bisogno di perdonarla mentre cerca di perdonare sé stessa. Con Ajay devo fare lo sforzo di non trasformarlo in un eroe, perché non è la realtà dei fatti. Eppure... è un eroe. E nel secondo libro sta crescendo. Prova a ricostruirsi un’identità politica e sessuale, e a forgiarsi un carattere più indipendente. Ammesso che una cosa del genere sia possibile'.

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